Il Prof. Roberto Gambari è stato invitato a tenere una relazione sul tema “Induttori della sintesi globinica” al Convegno su “Aggiornamenti in tema di thalassemia” tenuto a Roma il 1° giugno 2002 e organizzato dalla “Fondazione italiana ‘Leonardo Giambrone’ per la guarigione dalla thalassemia”.
Questo è l’abstract della sua relazione.
Induttori di emoglobina fetale (HbF) nel trattamento della beta-talassemia
Roberto Gambari
Laboratory for the Development of Pharmacological and Pharmacogenomic Treatment of Thalassemia (http://www.talassemiaricerca.unife.it), Biotechnology Center, Ferrara University; Department of Biochemisty and Molecular Biology, Ferrara University.
La riattivazione dell’espressione dei geni per la globina gamma può essere considerata una delle vie percorribili per migliorare il quadro clinico di pazienti affetti da beta°-talassemia. E’ infatti dimostrato che l’espressione anche di bassi livelli di emoglobina fetale (HbF) (25-30%, come si riscontra in soggetti HPFH – high persistance of fetal hemoglobin) può rendere i soggetti meno dipendenti dalla terapia trasfusionale.
Purtroppo, non si conoscono induttori di HbF che presentino questa capacità ad alto livello in assenza di effetti citotossici. Pertanto, la ricerca in questo settore andrebbe potenziata non solo come possibile alternativa alla terapia genica, ma anche come intervento terapeutico che potrebbe rendere più efficaci interventi di terapia genica sostitutiva.
Negli ultimi anni ci siamo interessati dello screening di numerose molecole in grado di indurre incremento della produzione di HbF utilizzando due sistemi sperimentali, (a) le cellule K562 (una linea stabile isolata da una paziente affetta di leucemia mieloide cronica in crisi blastica terminale) e (b) progenitori eritroidi isolati da soggetti normali e pazienti beta-talassemici.
Le cellule K562 sono un ottimo sistema sperimentale per un primo screening, poiché non producono elevati livelli di Hb allo stato non indotto ma, se sottoposte a trattamento con induttori del differenziamento eritroide, esse producono considerevoli quantità di emoglobine embrio-fetali (in particolare Hb Portland, zeta2gamma2). Dopo avere identificato molecole in grado di indurre il differenziamento eritroide delle cellule K562, le stesse sono analizzate utilizzando precursori eritroidi da sangue periferico, isolato secondo il metodo messo a punto dal gruppo di E. Fibach, coltivati prima in assenza (fase I) e poi in presenza (fase II) di 1 U/ml di eritropoietina e successivamente trattate con le molecole da analizzare.
I test biochimici e di biologia molecolare sempre eseguiti di routine sulle cellule K562 sono: analisi della proliferazione cellulare, cinetica dell’incremento della proporzione di cellule positive alla benzidina, analisi delle emoglobine attraverso acetato di cellulosa, analisi della produzione di mRNA per la globina gamma attraverso Northern blotting e RT-PCR quantitativa. Solo per le molecole più interessanti è prevista l’analisi con macro- o microarrays allo scopo di verificare il cosiddetto “profilo di espressione genica”. Sui progenitori eritroidi eseguiamo sempre l’analisi della produzione di HbF rispetto alla HbA e l’accumulo di mRNA per la globina-gamma.
Per quanto attiene alle molecole oggetto di analisi, ci siamo interessati di molecole leganti il DNA, di oligonucleotidi sintetici a potenziale attività decoy, di molecole bioattive identificate in estratti di piante officinali e di farmaci utilizzati in terapia per patologie non relate alla beta-talassemia, ma in grado di indurre il differenziamento delle cellule K562.
Per quanto riguarda le molecole in grado di legare il DNA, abbiamo studiato varie classi di composti tra cui (a) cisplatino e analoghi; (b) mitramicina e cromomicina; (c) tallimustina ed analoghi strutturali. Risultati interessanti sono stati ottenuti utilizzando la mitramicina, che si è dimostrata in grado di indurre espressione dei geni per la gamma-globina, differenziamento eritroide nelle cellule K562 e aumento di HbF in progenitori eritroidi isolati da pazienti. Il livello di aumento di HbF si è dimostrato in genere superiore all’idrossiurea, utilizzato come farmaco di riferimento.
Risultati altrettanto interessanti sono stati ottenuti utilizzando la tallimustina e suoi analoghi strutturali. L’analisi del “profilo di espressione genica” in cellule K562 di controllo e in cellule trattate con induttori del differenziamento eritroide ha permesso di identificare geni che non vengono modulati dal trattamento, geni che vengono indotti e geni la cui espressione viene inibita. Questi risultati dimostrano che la produzione di analoghi di molecole leganti il DNA in grado di indurre espressione del gene per la globina gamma sarà un progetto di grande interesse allo scopo di sviluppare biomolecole in grado di mantenere la capacità di indurre HbF limitando i potenziali effetti citotossici. Sotto questo aspetto l’analisi utilizzando macro- e micro-arrays sarà di grande utilità per dimostrare a livello molecolare l’assenza di effetti tossici delle molecole selezionate.
Per quanto attiene all’utilizzo di molecole di DNA a potenziale effetto decoy, abbiamo identificato alcune sequenze di DNA presenti nel cluster per le globine di tipo beta e prodotto i relativi oligonucleotidi sintetici a doppia elica che possiedono alcune caratteristiche interessanti, tra le quali la capacità di indurre differenziamento eritroide delle cellule K562. Anche se molto preliminari, questi dati indicano che questa classe di biomolecole basate su corte sequenze di DNA meritano ulteriori accertamenti, allo scopo di sviluppare molecole di interesse terapeutico.
Ringraziamenti. L’Associazione Veneta per la Lotta alla Talassemia di Rovigo è partner del Laboratorio di Ricerca sulla Terapia Farmacologia e Farmacogenomica della Talassemia; la ricerca è anche parzialmente sostenuta dall’Associazione per la Lotta alla Talassemia di Ferrara e dal Progetto Finalizzato Biotecnologie del CNR.
Riferimenti bibliografici.
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